La “strata romea” o “franchigena” (che letteralmente significa “generata in Francia”) da queste parti si popolava in maniera seria, d’altra parte Piacenza era lo sbocco naturale e per certi versi obbligato per chi proveniva dalla lontana Francia diretto a Roma.
Da Canterbury a Roma, la Via Francigena ripercorre le tappe prese dal diario di viaggio compiuto nel 990 dal vescovo Sigerico, nel suo ritorno da Roma. L’antica “strata” da Roma punta poi verso sud, arriva a Brindisi, Otranto e fino a Santa Maria di Leuca, da dove i pellegrini medievali, in quei porti s’imbarcavano per la Terra Santa.
La Francigena, per certi versi è un lascito dei longobardi, che per “tagliar fuori” i bizantini (che a Ravenna ci han lasciato chiese con mosaici estatici) han creato questa strada per raggiungere i loro territori nel centro sud d’Italia. I longobardi dalla capitale Pavia puntavano su Piacenza, Borgo San Donnino (Fidenza attuale) e quindi per la Cisa, col suo passo di montagna immerso tra boschi ruvidi e selvaggi, verso le terre di Toscana. La strada poi passò sotto il controllo dei Franchi che ancor di più si presero cura della “via di Monte Bardone” (passo della Cisa il Mons Langobardorum).
Per saperne di più visita:
- Portale web: www.viefrancigene.org
- Pagine dedicate Facebook, Twitter, Instagram, LinkedIn, Youtube.
- Rivista internazionale “Via Francigena and the European Cultural Routes” www.rivistaviafrancigena.it
La tappa 20 passa sa Càsola: da Fornovo di Taro a Cassio
Dopo la prima salita, subito dopo Fornovo, si percorre un lungo tratto di provinciale della Val Sporzana per portarsi ai piedi di Bardone e Terenzo, due piccoli borghi caratterizzati dalle bellissime Pievi.
Un’impegnativa salita porta al Castello di Casola, quindi continui saliscendi tra boschi di conifere impegnano il pellegrino fino all’arrivo all’Ostello di Cassio.
Fare attenzione sulla Provinciale 39 nei tratti in cui si restringe la carreggiata.
Al di fuori dei centri abitati non è possibile approvvigionarsi d’acqua.